Una piccola anticipazione… #l’astronauta
Il prossimo 18 settembre uscirà il secondo Album, per la Emme Record Label, del chitarrista Filippo Cosentino. Una fusione di jazz, blues, unplugged dove le chitarre di Filippo sono in ottima compagnia: Jesper Bodilsen al contrabbasso, Andrea Marcelli alla batteria, Antonio Zambrini al piano.
Dopo gli ottimi risultati raggiunti dal precedente album “Human Being”, a distanza di due anni, sempre per l’etichetta Emme Record Label (distribuzione IRD), il nuovo progetto di Cosentino traccia una linea di continuità con le sonorità unplugged del precedente lavoro discografico.
Tratto da Musica Jazz, per Alceste Ayroldi:
«L’astronauta» rappresenta la tua natura di musicista: una fusione di jazz, rock, pop, blues. Sicuramente non è mainstream. Se tu dovessi presentare il tuo lavoro, come lo spiegheresti?
Penso sempre a delle immagini quando scrivo e/o lavoro ad una melodia che diventerà un mio brano originale: evoco colori, gusti, odori, immagini che hanno fatto e fanno parte dei miei interessi culturali e così, avendo avuto la fortuna di frequentare i repertori dei genieri musicali che bene hai individuato nella domanda, non devo per forza ragionare a compartimenti stagni; mi sento più libero di scrivere quello che sento e penso in un determinato momento. Inoltre fino a questo momento ho trovato che il mio modo di esprimermi passa dal suono acustico, sul quale ho lavorato molto nei primi due dischi e sul quale sto ancora lavorando, migliorando e perfezionando.
Decisi nel 2011 con «Lanes»di intraprendere la strada del sound acustico e cercai già all’epoca di tradurre in musica le mie esperienze musicali. I brani che ebbero più successo dal vivo furono Lanes, River Avon e Spring Mood, tutte composizioni nelle quali misi qualcosa della mia vita. Da lì ho iniziato a lavorare su «Human Being» che però, per come lo avevo pensato, non poteva essere un disco solista ma nel quale pensavo il trio come un piccolo ensemble che a seconda dei brani e delle atmosfere si ricomponeva sempre in formazioni diverse (così si ha il guitar trio classico ma anche trio chitarra batteria e sax, o chitarre e sax). Tutto questo per arrivare a scrivere L’astronauta, disco per il quale ho dedicato molto tempo alla composizione e ideazione delle melodie e dei colori, alle atmosfere da evocare in funzione di determinate immagini. Come avrebbero detto a metà Ottocento, scrivo «musica a programma», narrando con mezzi musicali immagini, storie e racconti. Alla fine di questi due lavori ho capito che quando scrivo non mi metto paletti ma penso a colori o se vogliamo a come colorare le melodie che scrivo. (Filippo Cosentino)